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Atto quarto, Scena unica 129

d’un subito le orecchia ed aguzzato
gli sguardi e tese le narici quasi
per respirar la musica ed il loro
udito ho in tal maniera ammaliato
che simili a vitelli si son messi
a inseguirmi a traverso aspri roveti,
a traverso taglienti erbe, a traverso
spine che le lor gambe traballanti
han lacerato. Gli ho lasciati al fine
nel botro pien di fango oltre la vostra
grotta e quivi affondavan fino al mento
sì che il putrido lago per i piedi
parea tenerli.

Prospero.


                 Hai fatto bene, o mio
augello! Serba ancora quella tua
invisibile forma e quivi arreca
l’esca, dalla mia casa, per chiappare
quei ladri.

Ariele.


                  Io vado! Io vado!

Prospero.


                                                 Egli è un demonio,
un demonio la cui natura mai
potrà modificarsi e sopra il quale
tutte le umane mie cure son state