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- E mi sentivo povera più che un’umile ancella.
- Sentivo qui nel cuore uno sgomento arcano,
- E nel paterno petto mi rifugiavo invano,
- Venner marchesi e conti a cercarmi in isposa,
- Ma tutti li respinsi per ripugnanza ascosa.
- Tu giungesti, Fernando, tu che sei forte, e bello,
- E una voce nell’anima mi gridò tosto: è quello.
- Fernando
- La tua mano, Iolanda. Mano bianca, sottile,
- Non avrai tu la sorte di un umil paggio a vile?
- Iolanda
- È il destin che ci unisce nella sapienza sua;
- Guarda, due mosse ancora e la vittoria è tua.
- Renato
- (avvicinandosi)
- A che ne siamo?
- Iolanda
- (sorridendo)
- Padre, la vostra figlia invitta
- Medita il disonore di una prima sconfitta.