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scena ii. 55
E mi sentivo povera più che un’umile ancella.
Sentivo qui nel cuore uno sgomento arcano,
E nel paterno petto mi rifugiavo invano,
Venner marchesi e conti a cercarmi in isposa,
Ma tutti li respinsi per ripugnanza ascosa.
Tu giungesti, Fernando, tu che sei forte, e bello,
E una voce nell’anima mi gridò tosto: è quello.
Fernando
La tua mano, Iolanda. Mano bianca, sottile,
Non avrai tu la sorte di un umil paggio a vile?
Iolanda
È il destin che ci unisce nella sapienza sua;
Guarda, due mosse ancora e la vittoria è tua.
Renato
(avvicinandosi)
A che ne siamo?
Iolanda
(sorridendo)
Padre, la vostra figlia invitta
Medita il disonore di una prima sconfitta.