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- E che prima di giungere al culmine agognato,
- Avrai le mani lacere e il viso insanguinato?
- Che dovrai divorarti il sopruso e l’affronto?
- Che oggi ti chiami aurora, e domani tramonto?
- Ero ancor piena l’anima di splendide chiemere
- Se volavano al vento le guerresche bandiere;
- Sentivo ancora i fremiti generosi e la sete
- Dei perigli, e correvano le mani irrequiete,
- Correvano a brandir l’asta; al nome di gloria
- Mi luceva negli occhi l’ardor della vittoria;
- E un giorno all’opra usata cesse il vigor, mi parve
- Un peso insopportabile la mia spada. Le larve
- Svaniron tutte, i moti del mio cuor furon muti,
- E i miei sogni di gloria, non erano compiuti!
- Fernando
- Vecchio, sei grande e nobile, come nessun fu mai;
- Dirò superbo un giorno: lo vidi e gli parlai.
- La tua grave parola fu quella di un veggente.
- Sì, le tue sagge norme le terrò fisse in mente.
- Però la mia fortuna alla tua non somiglia:
- Tu avesti in sorte un nome, un tetto, una famiglia.
- Fu la scuola di un padre che t’educò alla vita,
- E sprone alle grandi opere fu la grandezza avita.
- L’armi pria che un cimento ti furono un trastullo.
- Io crebbi solo, un orfano no, non è mai fanciullo.