Che infastidisce i nervi qual tocco di campana:
Ma in quella cantilena, per dissonanza strana,
C’era un fare spigliato, un’andatura snella,
Che mi costrinse a leggerla ed a trovarla bella.
Qui calza una parentesi. — Non vorrei che il lettore
Avesse per sua grazia a credermi impostore,
Pensando che allo scopo di accrescere l’effetto,
Accollassi ad un altro le mende del soggetto.
Benchè un poeta in genere a nessun sia secondo
Nel mestiere invidiabile di fare il gabbamondo,
E benchè di siffatti artifizi dolosi
Anche Manzoni adopri là nei Promessi Sposi,
E benchè se allo scritto mi tornasse efficace,
Io pure vi confessi che ne sarei capace,
Tuttavia questa volta vi prego, e son sincero,
Di credere che quanto v’ho raccontato, è vero. —
Era un giorno d’autunno. Singolare stagione
Che v’annebbia il cervello in barba alla ragione,
Sia vapor di vendemmia che impregna l’atmosfera,
Siano i fumi che i prati esalano alla sera,
Sia la pioggia imminente che vi serpe nell’ossa,
O sia un presentimento lontano della fossa:
Fatto sta che i pensieri mutano di colore
A sembianza di foglie sovra il ramo che muore.
Ero solo, adagiato — ma che dico: adagiato!
Nella lunga poltrona stavo lungo sdraiato