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canto quinto | 89 |
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La terza insegna fu de’ fiorentini
con cinque mila tra cavalli e fanti,
che conduceano Anton Francesco Dini
e Averardo di Baccio Cavalcanti.
Non s’usavano starne e marzolini,
né polli d’india allor, né vin di Chianti:
ma le lor vittuaglie eran caciole,
noci e castagne e sorbe secche al sole.
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E di queste n’avean con le bigonce
mille asinelli al dipartir carcati,
acciò per quelle strade alpestre e sconce
non patisser di fame i lor soldati:
ma le some coperte in guisa e conce
avean con panni d’un color segnati,
che facean di lontan mostra pomposa
di salmeria superba e preziosa.
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Ma piú di queste numerosa molto
la quarta schiera e bella in vista uscía.
La gran donna del Po tutto raccolto
quivi di sua milizia il fiore avía.
La ricca gioventú superba in volto,
di porpora e di fregi ornata gía:
fiammeggia l’oro, ondeggiano i cimieri,
passano i fanti armati e i cavalieri.
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Tre mila i cavalier sono, e due tanti
premon col piè de la gran madre il dorso:
Maurelio Turchi è il capitan de’ fanti,
e de’ cavalli il Bevilacqua Borso.
Ma splende sovra questi e sovra quanti
vengono di Bologna al gran soccorso,
il magnanimo cor di Salinguerra,
che fa del nome suo tremar la terra.