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78 | la secchia rapita |
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L’esercito reggian, fatto sicuro
che la forza adoprar gli valea poco,
e veggendo il nemico in volt’oscuro
scuoter la porta e domandar del foco;
in fretta rimandò fuora del muro
il guardian, ch’ebbe a fatica loco
d’impetrar da Gherardo alcun partito,
ch’era giá inviperato e infellonito.
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Al fin l’ultimo ottenne, e fu giurato
con giunta, che chiunque a l’osteria
con modanese alcun fosse alloggiato
di quello stuol che di Rubiera uscía,
a trargli per onor fosse ubbligato
scarpe o stivali o s’altro in piedi avía;
indi fu aperto un picciolo sportello,
d’onde uscivano i vinti in giubberello.
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Marte che la sembianza ancor tenea
di Scalandron per onorar la festa,
stando a la picca, ove al passar dovea
chinar il vinto la superba testa,
dava a ciascun, nel trapassar che fea
sotto quell’asta, un scappellotto a sesta:
cosí fino a l’aurora ad uno ad uno
andò passando il popolo digiuno.
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Poi che tutti passâr, Marte disparve,
lasciand’ognun di meraviglia muto.
Stupiva il vincitor che le sue larve
conoscer non avea prima saputo:
stupiva il vinto, poi che ’l sole apparve
cinto di luce, e che si fu avveduto
con onta sua che le picchiate ladre
a tutti fatte avean le teste quadre.