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canto quarto | 77 |
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Ma da la rocca diè Bertoldo aviso
a Gherardo, ch’usasse estrema cura,
che mostrava il nemico a l’improviso
voler co l’armi uscir di quelle mura.
Preparossi Gherardo; e su l’aviso
fe’ stare i suoi soldati; e l’aria scura
rallumò con facelle e pece ardente;
e le sbarre piantò subitamente.
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Ed ecco aprir la porta, e a un tempo stesso
de gli affamati il grido e le percosse:
ma ne le sbarre urtâr ch’erano appresso;
e’l rauco suono e l’impeto arrestosse.
Gherardo avea per fianco e ’n fronte messo
vari strumenti di tremende posse;
e a colpi di saette e pietre e dardi
stese quivi i piú arditi e piú gagliardi.
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Ed egli armato a piè con una mazza
corse a le sbarre, e a tanti diè la morte,
che se non ritraea la turba pazza
in dietro il piede e non chiudea le porte,
perduta quella notte era la razza
de’ soldati da Reggio in dura sorte.
Fu de’ primi a cader Guido Canossa
in preda ai lucci di quell’empia fossa.
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Ma l’ardito Foresto urta il destriero,
dove vede la sbarra esser piú bassa;
e tratto, disperato, il brando fiero
contra Gherardo, il fère a un tempo e passa;
e dovunque al passar drizza il sentiero,
de l’alto suo valor vestigi lassa;
fin ch’in sicura parte al fine arriva,
e i suoi d’aiuto e di speranza priva.