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canto secondo 37


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     Sfavillò Citerea con un sorriso
che dicea: — Bacia, bacia, anima accesa; —
e gli diede col ciglio a un tempo aviso,
che sarebbe ita seco a quell’impresa.
Marte che ’n lei tenea lo sguardo fiso,
avido di litigio e di contesa,
vedendo ch’ella avea d’andar desio,
disse: — A la fé, che vo’ venir anch’io.
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     Gite voi altri pur dove v’aggrada,
ch’io vo’ seguir de la mia diva i passi;
dov’ella volge il piè, convien ch’io vada,
e quei di voi, ch’ella abbandona, lassi.
Per lei combatte questa invitta spada
e questa destra; ed or per lei vedrassi
il Panaro gonfiarsi, e in atto strano
portar soccorso al Po di sangue umano. —
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     Sorrise Palla, ma con occhio bieco
rimirollo Vulcan ch’era in disparte;
e disse: — Empio sicario, adunque meco
comune il letto avrai per ricrearte?
E Giove stesso accorderassi teco
nel vituperio di sua figlia a parte?
Per Stige, ch’io non so chi mi s’arresta
ch’io non ti do di questo in su la testa. —
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     E strignendo un martel ch’al fianco avea,
sollevò il braccio, e di menar fece atto.
La manopola allor, ch’in man tenea,
lanciògli Marte, e balzò in piedi ratto,
sgangherato gridando: — Anima rea,
t’insegnerò ben io di starti quatto. —
Giove che vide accesa una battaglia,
stese lo scettro, e disse: — Olá, canaglia!