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È noto che la Secchia rapita fu composta dal Tassoni nel 1615 e che nel suo primo disegno non era quale è giunta sino a noi: doveva risultare sí di dodici canti, ma in essi era compresa una evocazione di demoni condotti a combattere in favore dei modenesi: difatti nel canto VIII, nella rassegna dei padovani, dove a proposito di Abano ora si legge:
Se v’era Pietro allor, co’ fieri carmi
Traeva i morti regni al suon dell’armi,
nella redazione primitiva del 1615 stava invece:
Quivi il gran mago Pier susurrò carmi
E trasse i morti regni al suon dell’armi;
e nella lettera del 16 gennaio 1616 al canonico Albertino Barisoni è l’affermazione esplicita che la fretta di condurre a termine il lavoro per le sollecitazioni di monsignor Querenghi e anche per la stampa che pareva dovesse essere imminente, fece sí che il poema nella prima redazione del 1615 fosse in dieci canti soltanto, anziché in dodici, riattaccandosi l’attuale dodicesimo canto direttamente col nono. Se non che diversi incidenti con gli stampatori (trattò nel ’16 per una edizione veneziana e per una padovana) e soprattutto le difficoltá opposte dai revisori ecclesiastici, fecero fallire quelle prime trattative, per modo che il Tassoni riprese l’opera sua e nel 16181 v’inserí quelli che ora sono i canti X e XI accomodandoli al resto del poema, mentre trattava nuovamente per la stampa, la quale, pur facendosi in Venezia, doveva
- ↑ Cominciò a lavorarvi nel novembre 1617; cfr. Le lettere di A. Tassoni a cura di Giorgio Rossi, Bologna, Romaguoli-Dall’Acqua, 1910, vol. II, p. 81.