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310 rime

     Ma dimmi: è ver che ’l fiorentino sia
poltron di sua natura? E che sia senza
sal in zucca? E che crede esser Giulia?
È ver. Oh, Dio ti dia
la mala Pasqua! È ver ch’in falsitade
non cede a chi che sia? Che caritade
non conosce? Che rade
volte si vede senza il doppio manto
de la sua falsitá? Che in ogni canto
porta superbo il vanto
che fu, che fè? Gli è ver. Or pellegrini
stimi i tuoi gesti? Dimmi: i tuoi vicini,
i lucchesi meschini,
non dicon tuttavia che voi gli date
con tra di noi monizione e brigate,
e poscia nosco fate
i parenti? Oh, che nobil esercizio!
Ite, brutte canaglie, in precipizio.

XXXII

3.

     Cicalate pur mo’, signor toscani,
e sciorinate sonetti e canzone:
sappiam ben che la vostra professione
è menar piú la lingua che le mani.
     Non ponno i vostri orgogli irriti e vani
metter paura addosso alle persone:
ch’abbiamo in c... la vostra nazione,
i poeti, i soldati e i capitani.
     C...! Voi sête pur bravi in credenza:
tremiamo e vienci la paralesia
solo in vedere nominar Fiorenza.
     Ah, buggerona e perfida genía!
Chi di voi non avesse conoscenza
fors’a queste tagliate credería.