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306 | rime |
e ti fu per errore
da un ignorante quel capestro avvinto
che al collo, non al c...., t’andava cinto.
XXVII
1.
N. N. in nome del defunto P. Livio Galanti.
Ben sei anima vil, d’ogni onor scarca,
poiché il tuo ardir, la tua empietá presume
trarre il cadaver mio dal fracidume,
roder l’ossa pelate in grembo all’arca.
Livio Galanti i’ fui, del gran monarca
delle Muse seguace; e mio costume
fu d’ammirar di sue virtudi il lume,
u’ fama ne mercai di gloria carca.
Ma tu, cigno setoso da porcile,
te ’n vivi alla speranza ed all’odore
d’una secchia di broda in un cortile.
Io a Cristo consecrai l’anima e il core,
tu da una secchia porti al crin servile
la mercè d’un ventron pien di fetore.
E, per colmo d’orrore,
il manigoldo in abito succinto
t’apprestò di sue furie al collo un cinto.
2.
Adunque un baccalar del patriarca
dei briganti imolesi anch’ei presume
nel caballino entrar senza aver lume
da sostener gl’impacci del Petrarca?
Bestia da basto, barone da carca,
se il cielo mi ti scopre un dí a barlume,
con una trippa pregna di pisciume,
o pistolese, ti farò la marca.