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canto secondo | 25 |
3
Un vecchio ranticoso, affumicato,
pallido e vizzo, che parea l’inedia
e per forza tener co’ denti il fiato,
e potea far da Lazzaro in comedia;
poi che due volte intorno ebbe mirato,
incominciò così da la sua sedia:
— Messeri, io son Marcel di Bolognino,
dottor di legge e conte palatino.
4
Il mio collega è conte e cavaliero,
e Ridolfo Campeggi è nominato:
io son uomo di pace, egli è guerriero;
io lettor de lo Studio, egli soldato.
Or l’uno e l’altro ha qui per messaggiero
il nostro Reggimento a voi mandato,
per iscusarsi del passato eccesso
che ’l popol nostro ha contra voi commesso.
5
Il popol nostro è un popol del demonio,
che non si può frenar con alcun freno;
e s’io non dico il ver, che san Petronio
mi faccia oggi venir la vita meno.
Sará il collega mio buon testimonio,
che quando l’altra notte ei passò il Reno,
fu mera invenzion d’un seduttore,
né il Reggimento n’ebbe alcun sentore.
6
Ma non si può disfar quel ch’è giá fatto:
d’ogni vostro disturbo assai ne spiace;
e siam venuti qua per far riscatto
de’ morti nostri, e ad offerirvi pace:
ma vogliam quella secchia ad ogni patto,
che ci rubò la vostra gente audace;
perché altramente andria ogni cosa in zero,
e ci scorrucciaremmo da dovero. —