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300 | rime |
XVIII
In morte di Filippo II.
O terrene grandezze, o fasto umano,
quant’è lieve e fugace il vostro volo:
colui che potea far col guardo solo
tremar tutta la terra e l’oceàno,
il gran Filippo, il gran monarca ispano,
che i regni ampî de l’onde e il fermo suolo
scosse e diè legge a l’uno e a l’altro polo,
tronco inutile or giace e nome vano.
Sol la giustizia e la pietá, che in lui
splenderon sí che furo spenti e sparsi
di questa nostra etá gli orrori indegni,
di miglior vita e di piú certi regni
ponno arricchirlo, e gli altri pregi sui
mostrarsi in paragon fallaci e scarsi.
XIX
Italia madre ai principi suoi figli.
Qual vil vergogna o qual vano timore,
figli diletti sí, ma figli indegni,
vi stringe il cor, che, d’ignominia pregni,
dorme, anzi è morto in voi l’antico onore?
Deh! se pietá di zelo o di valore
l’armi vostre non move a fieri sdegni,
vi mova i danni miei, che son ben degni
ch’in voi si desti ormai dramma d’amore.
Ecco la rabbia altrui fatta veleno,
tingendo i strali suoi nel sangue mio,
ne le viscere mie che tanto amaste.
E ministrate a quel superbo e rio
armi, ridendo, onde mi squarci il seno?
Empi e fieri Neroni, ove allignaste?