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canto primo | 269 |
16
Tutto quel dì, tutta la notte appresso
per le vie de la morte errâr dispersi.
Sembra la pioggia al cader folto e spesso
che giú nel mare un altro mar si versi:
crescon i venti a memorando eccesso
stretti a soffiar da gli Angioli perversi:
e giá comincia il capitan co’ suoi
forte a temer che l’Oceán l’ingoi.
17
Ciò che saggio nocchier, ch’antiveduto
potea fare o soldato o capitano,
tutto fe’ il valoroso; e fu veduto
ne’ piú vili bisogni oprar la mano:
ma quando indarno al fin vide ogni aiuto,
ogni fatica, ogni consiglio vano,
fermossi immoto; e pien d’ardente zelo
rivolse gli occhi e le parole al cielo.
18
E disse: — Ecco, signor, che vinto cede
a la possanza tua mio frale ingegno:
se non è tuo voler che la tua fede
portata sia da un peccatore indegno,
dove non pose mai, ch’io creda, il piede
alcun de la tua legge e del tuo regno;
perdona a questi al men che non han colpa,
e del soverchio ardir me solo incolpa.
19
Ma se questi del mar fieri contrasti
vengono a noi da la tartarea corte;
tu che d’Egitto a l’empio re mostrasti
l’alto valor de la tua destra forte,
e d’Israel il popolo salvasti,
oggi salva ancor noi con egual sorte,
e vegga de l’inferno il seme rio
ch’in cielo in terra e ’n mar tu sol se’ Dio. —