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canto duodecimo | 223 |
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E ’n tanto preparar feano in disparte
ordigni da trattar notturno assalto,
ponti da tragittar da l’altra parte,
saette ardenti da lanciar in alto,
fuochi composti in varie guise ad arte,
ch’ardean ne l’acqua e su ’l terreno smalto,
falci dentate e machine diaboliche
che non trovaron mai le genti argoliche.
48
Tre giorni senza uscir de la trinciera
stettero i padovani e i modanesi.
Ed ecco il quarto con sembianza altiera
fuor de’ ripari uscir de’ bolognesi,
e su ’l ponte calar da la riviera,
tutto coperto di ferrati arnesi,
un fanton di statura esterminata
nominato Sprangon da la Palata.
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Un celaton di legno in testa avea
graticciato di ferro, e al fianco appesa
una spada tedesca, e in man tenea
imbrandita una ronca bolognesa.
Quindi vòlto ai nemici, egli dicea:
— O Pavanazzi da la panza tesa,
quando volidi uscir di quelle tane,
valisoni da trippe trevisane?
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Fra tanti poltronzon i n’è neguno
ch’apa ardimento de vegnir qua fora
a far custion con mi, fina che l’uno
sipa vittorios e l’altro mora? —
Cosí dicea; né rispondeva alcuno
a la superba sua disfida allora;
ma non tardò ch’a rintuzzar quel fiero
da l’antenoree tende uscí un guerriero.