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canto duodecimo | 215 |
15
Mangiato ch’ebbe, stè sovra pensiero
rompendo certi stecchi di finocchi;
indi venner le carte e ’l tavoliero,
e trasse una manciata di baiocchi,
e Pietro Bardi e monsignor del Nero
si misero a giucar seco a tarrocchi:
e ’l conte d’Elci e monsignor Bandino
giucarono in disparte a sbarraglino.
16
Poi ch’ebbero giucato un’ora e mezzo,
levossi, e que’ prelati a sé chiamando,
con gusto andò con lor cacciando un pezzo
i grilli che per l’erba ivan saltando.
Cosí l’ore ingannava, e al fresco orezzo
la venuta del nunzio attendea; quando
di persone e di bestie ecco un drappello
guastò la caccia ch’era in su ’l piú bello.
17
Eran questi una man d’ambasciatori
di Modana mandati ad invitarlo,
con muli e carri e cocchi e servidori
e molta nobiltá per onorarlo;
ben ch’avesse Innocenzio e i decessori
data lor poca occasion di farlo,
essendo i modanesi a quella corte
esclusi da ogni onor d’infima sorte;
18
non perché avesse alcun mai tradimento
usato nel servir la Santa Sede,
ma perché avean con lungo esperimento
a Cesare serbata ottima fede.
Quel che dovea servir d’incitamento
per onorar di nobile mercede
la costanza e ’l valor, servia d’ordigno
per accendere i cor d’odio maligno.