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196 | la secchia rapita |
3
Il conte che si vede andar fallato
contra la moglie il suo primier disegno,
pensa di vendicarsi in altro lato,
e volge contra Titta ogni suo sdegno.
Sa che, per ritrovarsi imprigionato,
per forza ha da tener le mani a segno.
Lo chiama traditor solennemente;
e aggiugne che se ’l nega, ei se ne mente;
4
e che gliel proverá con lancia e spada
in chiuso campo a publico duello;
e perché la disfida attorno vada,
la fa stampar distinta in un cartello;
e vantasi d’aver trovata strada
da non potere in qual si voglia appello
d’abbattimento o giusto o temerario
sottoporsi al mentir de l’avversario.
5
Ma gli amici di Titta avendo intesa
la disfida, s’uniro in suo favore;
e feron sí che la sua causa presa
e terminata fu senza rigore:
anzi, perch’ei serviva in quella impresa
contra Bologna e ’l papa suo signore,
fu scarcerato come ghibellino
senza fargli pagar pur un quattrino.
6
Sciolto ch’ei fu, rivolse ogni pensiero
a la battaglia, pronto e risoluto;
preparò l’armi e preparò il destriero,
né consiglio aspettò, né chiese aiuto.
Poco avanti da Roma un cavaliero
nel campo modanese era venuto,
di casa Toscanella, Attilio detto:
e fu da lui per suo padrino eletto.