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194 la secchia rapita


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     Il conte la saluta in candiotto,
ed ella gli risponde in calabrese.
— Bella mora, ei dicea, deh fate motto
al signor vostro e siategli cortese. —
Ella volgendo a Titta un guardo ghiotto,
sporge la bocca; ed ei con voglie accese
que’baci incontra, e da’ bei labbri sugge
l’alma di lei che sospirando fugge.
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     Teneva il conte immoto e stupefatto
a gli amorosi baci i lumi intenti;
e gli parea che Titta fosse matto
a sentir per colei pene e tormenti.
Durava quella beffa lungo tratto:
se non che de la giovane i parenti
seppero il tutto e fêr saperlo al Potta,
e subito la tresca fu interrotta.
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     Il Potta fe’ condur segretamente
la donna fuor del campo: e perché Titta
percosse in quella mena un insolente
birro e gli fu grave querela scritta,
fe’ pigliarlo anche lui subitamente,
e in carcere condur per la via dritta
a la cittá per metterlo in palazzo:
quand’egli cominciò fiero schiamazzo;
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     ch’era «pariente de gliu papa,» e ch’era
baron romano, e gir «bolea en castello».
Ma il buon fiscal Sudenti e ’l Barbanera
giudice criminale e Andrea bargello
gli mostrar con destrissima maniera,
che l’albergo in palazzo era piú bello
e che l’avrian parato e ben fornito;
onde a la fin d’andar prese partito.