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canto decimo | 193 |
e gli giura che un paggio gli ha rubato
il suo caval né sa dove sia gito;
ma se può ritrovarlo in alcun lato,
che ’l tristo ladroncel fará pentito.
Titta, che giá si vede assicurato
comincia a ruminar nuovo partito
di ritenersi ancor la donna appresso,
senza che ne sospetti il conte stesso.
68
Con lei s’accorda, e trova acqua stillata
da scorza fresca di matura noce;
e ’l bel collo e la faccia dilicata
de la donna e le man bagna veloce.
Si disperde il candore e sembra nata
in Mauritania, lá, dove il sol cuoce:
d’un leonato scuro ella diviene;
ma grazia in quel colore anco ritiene.
69
Come panno di grana in bigio tinto
ritiene ancor de la beltá primiera,
e nel morto color d’un nero estinto
purpureggiar si vede in vista altera;
cosí di quella faccia il color finto
ritiene ancor de la bellezza vera;
splende nel fosco, e de’ begli occhi il lume
folgoreggia anco al solito costume.
70
D’una giubba azzurrina ornata d’oro
quindi ei la veste, e le ricopre il seno;
e tutto d’un leggiadro abito moro
l’adorna sí, che non gli piace meno.
Indi la mostra al conte, e dice: — I’moro
per questa ingrata schiava e spasmo e peno;
e a lei di me non cal, né so che farmi;
pregala, conte mio, che voglia amarmi. —