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190 | la secchia rapita |
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Come a Montecavallo i cardinali
vanno per la lumaca a concistoro,
stretti da innumerabili mortali
per forza d’urti e con poco decoro;
cosí i medici quivi e gli speziali
non trovando da uscir strada né fòro,
urtati e spinti, senza legge e metro
facean due passi innanzi e quattro indietro.
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Ma poiché l’ambracane uscí del vaso,
e ’l suo tristo vapor diffuse e sparse;
cominciò in fretta ognun co’ guanti al naso
a scostarsi dal cerchio e a ritirarse;
e abbandonato il conte era rimaso,
se non ch’un prete allor quivi comparse,
ch’avea perduto il naso in un incendio,
né sentia odore; e ’l confessò in compendio.
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Confessato che fu, sopra una scala
da piuoli assai lunga egli fu posto;
e facendo a quel puzzo il popol ala,
il portâr due facchini a casa tosto.
Quivi il posaro in mezzo de la sala;
chiamaro i servi, e ognun s’era nascosto,
fuor ch’una vecchia, che v’accorse in fretta
con un zoccolo in piede e una scarpetta.
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Giá pria la nuova in casa era venuta,
che ’l conte si moriva avvelenato:
onde la moglie accorta e proveduta
aveva in fretta il suo destrier sellato;
e in abito virile e sconosciuta
con un cappello in testa da soldato
tacitamente giá s’era partita,
e a trovar Titta al campo era fuggita.