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172 la secchia rapita


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     La lancia lunga piú d’ogn’altra avea
due palmi, e una pantera in su relmetto:
ma sospeso venia sí che parea
ch’andasse a quell’impresa al suo dispetto.
Sonâr le trombe; e ’l suon, che gli altri fea
dentro brillar, fe’ in lui contrario effetto:
corre; ma sembra ai timidi atti fuore
portato dal destrier, non giá dal core.
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     Pur si ristrigne negli arcioni, e abbassa
la lancia in su la resta, e gli occhi serra
in arrivando, e i denti strigne, e passa
come chi va sol per vergogna in guerra:
e a quell’incontro l’inimico lassa,
con maraviglia de’ due campi in terra.
Allor tutta s’udí quella riviera
gridar: — Viva il campion de la pantera. —
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     Ed ei maravigliando al suon rivolto
vide l’emulo suo giacer disteso:
onde di sé per allegrezza tolto,
fermossi a riguardar tutto sospeso.
Ma l’abbattuto, a l’infiammato volto
mostrando il cor di fiero sdegno acceso,
ratto risorse, e con un piè percosse
la terra e ’ntorno il pian tutto si scosse:
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     e s’estinsero i lumi, e ’l padiglione
sparve fra tuoni e lampi in un baleno,
e l’isoletta diventò un barcone
colmo di stabbio, di fascine e fieno;
né rimasero in esso altre persone
di tante, onde pur dianzi era ripieno,
che ’l cavalier vittorioso e un nano,
ch’avea uno scudo e una lanterna in mano.