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162 | la secchia rapita |
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però, se stesse a me, farei divieto
che nessuno de’ miei con lui giostrasse. —
Prese il Potta il consiglio, e fe’ un decreto
che ne l’isola alcun piú non entrasse;
e se ne stette poscia attento e cheto,
mirando ciò che l’inimico oprasse:
e vide due, vestiti a bruno ed oro,
appresentarsi co’ cavalli loro.
28
L’un d’essi corse: e tócco a pena fue,
ch’uscí di sella e si distese al piano;
e pur mostrava a le sembianze sue
d’esser di core indomito e di mano.
Secondò l’altro; e per la groppa in giue
restò cadendo al suo caval lontano.
Risorse il primo, e a quel de la riviera
disse con voce e con sembianza altera:
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— Guerrier, se tu non sei per via d’incanto
prode con l’asta, or de l’arcion discendi
e con la spada che tu cigni a canto
a trarmi in cortesia d’inganno imprendi;
e s’hai timor di non turbar fra tanto
la giostra, a tuo piacer pugna e contendi;
pur ch’io ti provi un colpo o due col brando:
ecco lo scudo e piú non t’addimando. —
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Rispose il cavalier de l’isoletta;
— A dismontar sarei forse ubbligato,
s’a combatter per odio o per vendetta
fossi venuto in questo campo armato.
A giostrar venni e solo amor m’alletta,
e ’l mio disegno a tutti ho palesato:
sí ch’io non son tenuto a uscir di questa,
per variar tenzone a tua richiesta.