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148 la secchia rapita


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     Quando la bella dea del primo cielo
tutta cinta de’ rai del morto sole,
a la scena del mondo aprendo il velo,
le campagne mirò tacite e sole:
e sparsa la rugiada e scosso il gielo
dal lembo sovra l’erbe e le viole,
a caso il guardo in quella piaggia stese,
e vaga di veder dal ciel discese.
52
     Sparvero i pargoletti a l’apparire
de la dea spaventati; ed ella, quando
vide il giovane sol quivi dormire,
ritenne il passo e si fermò guardando.
L’onestá virginal frenò l’ardire:
e ne gli atti sospesa, e vergognando,
avea giá per tornare il piè rivolto;
ma richiamata fu da quel bel volto.
53
     Sentí per gli occhi al cor passarsi un foco
che d’un dolce desio l’alma conquise:
givasi avicinando a poco a poco,
tanto ch’ai fianco del garzon s’assise;
e di que’ vaghi fior, ch’avean per gioco
gli Amoretti intrecciati in mille guise,
s’incoronò la fronte e adornò il seno,
che tutti fûr per lei fiamma e veleno.
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     Trassero i fior la man, la mano i baci
a le guance, a le labbra, a gli occhi, al petto,
che s’impresser sí vivi e sí tenaci,
che si destò smarrito il giovinetto.
Al folgorar de le divine faci
tutto tremò di riverente affetto;
e ad atterrarsi giá ratto surgea,
s’ella non l’abbracciava e nol tenea.