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138 | la secchia rapita |
11
De l’orribile pugna il gran successo
sparse intorno la fama in un momento;
onde ne giunse a Federico il messo,
che sospirò del figlio il duro evento.
Scrisse a gli amici, e maledí se stesso,
che fosse stato a quell’impresa lento;
ma sopra tutti scrisse ad Ezzelino,
che di Padova allor tenea il domino.
12
Ezzelin, come udí che prigioniero
del suo signore era il figliolo, in fretta
armò le sue milizie; e fe’ pensiero
di farne memorabile vendetta.
Avea allor seco un principe straniero,
cui per fresco retaggio era suggetta
la nobil signoria de la Morea,
e a cui sposata una nipote avea.
13
In tutto l’Oriente uom di piú core
di lui non era o di miglior consiglio.
Fu detto Eurimedonte: e ’l suo valore
fea tremar da l’Eusino al mar vermiglio.
Or a questi Ezzelin diede l’onore
di liberar di Federico il figlio:
e con piú ardor, quand’egli udí, si mosse,
ch’era infreddato e ch’egli avea la tosse.
14
Dieci schiere ordinò, ciascuna d’esse
di ducento cavalli e mille fanti;
e ghibellini capitani elesse,
perché fosser piú fidi e piú costanti.
Musa, tu che migliacci e caldalesse
vendesti lor, déttami i nomi e i vanti,
che fèr dal piano a gli ultimi arconcelli
l’alta torre tremar de gli Asinelli.