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canto settimo | 129 |
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Corsero gli anzïan tutti a consiglio
per consultar ciò che s’avesse a fare;
molti volean nel subito periglio
fuggirsi e la cittade abbandonare;
altri dicean ch’era da dar di piglio
a tutto quel che si potea portare,
e salir su la torre allora allora,
e chi non vi capía stesse di fuora.
52
Surse a rincontro un Bigo Manfredino
che sedea appresso a Carlo Fiordibelli,
e disse: — Senza pane e senza vino
che vogliamo cacar lá su, fratelli?
questi sono consigli da un quattrino,
che non gli sosterrian cento puntelli:
però i’ vorrei, se ’l mio parer v’aggrada,
cavar un pozzo in capo d’ogni strada,
53
e ricoprirlo sí, ch’in arrivando
cadessero i nemici in giú a fracasso. —
Guarnier Carnuti allor rispose: — E quando
sará finita l’opra, e chiuso il passo?
Non è meglio che star quivi indugiando,
condur lo stabbio ch’abbiam pronto a basso
ch’ingombra la metá de la cittade,
e con esso serrar tutte le strade? —
54
Ugo Machella a quel parlar sorrise
e disse rivoltato a que’ prudenti:
— Se chiudiamo le strade in queste guise,
dov’entreranno poi le nostre genti?
Prendiamo l’armi: il Ciel sovente arrise
a le piú audaci e risolute menti. —
Qui s’alzâr tutti, e gridâr senza tema:
— A la fé che l’è vera; andema, andema. —