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128 | la secchia rapita |
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Il cavalier, che stava in su l’aviso,
d’arena che tenea dentro un sacchetto
gli empie gli occhi e la bocca a l’improviso;
poi strinse il brando e gli assaggiò l’elmetto.
— Ah! disse il Potta allor forbendo il viso,
tu me la pagherai, romagnoletto. —
E in questo dir menando con la spada
colpi a la cieca, si fe’ dar la strada.
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Ma poi che Marte il suo favor ritenne
e tornò di quadrato indietro il passo;
e che Perinto in quella parte venne
guidato dal furor di Satanasso;
il modanese stuol piú non sostenne
l’impeto ostil, dal faticar giá lasso,
e rallentate l’ordinanze e l’ire,
cominciò a ritirarsi, indi a fuggire.
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Il Potta pien di rabbia e disperato
gridava con la bocca e con le mani;
ma non potea fermar da nessun lato
lo scompiglio e ’l terror de’ Gemignani:
e da l’impeto loro alfin portato
costretto fu d’abbandonar que’ piani,
benché tre volte e quattro in volto fiero
spignesse tra i nemici il gran destriero.
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Correndo in tanto, e traversando il lito,
senz’elmo, e molle e polveroso tutto,
il conte di Culagna era fuggito,
e giunto a la cittá piena di lutto,
narrato avea fra il popolo smarrito,
che ’l re prigione e ’l campo era distrutto;
onde i vecchi e le donne al fiero aviso
fuggían chi qua chi lá pallidi in viso.