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canto settimo 123


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     La prigionia del duca lor commosse
a furore e vendetta i cremonesi;
spinsero innanzi, e rinforzar le posse
e s’uniron con loro i frignanesi.
Ma il perugino audace il piè non mosse,
e stettero in battaglia i riminesi,
dal valor proprio e da l’esempio degno
de’ capitani lor tenuti a segno.
28
     Il capitan Paulucci a Perdigone,
fratel di Bosio, che ’l destrier gli uccise,
tirò d’una balestra da bolzone,
e con due coste rotte in terra il mise.
Indi ammazzò col brando Ercol Pandone,
che se l’ebbe per male in strane guise;
perch’era vecchio in guerra e buon soldato
e nissuno mai piú l’avea ammazzato.
29
     Aveva in tanto Alessio di Pazzano
il buon Omero Tortora assalito,
istorico famoso e capitano
che le ninfe d’Isauro avean nudrito;
quando d’una zagaglia sopra mano
fu dal signor di Rimini ferito,
e ’l ferro al vivo penetrò di sorte,
che ’l trasse de l’arcion vicino a morte.
30
     E giá per ispogliarlo era smontato,
quando ei si volge e ’n su ’l morir gli dice:
— O tu che godi or del mio acerbo fato,
sappi che morirai via piú infelice:
vicina è la tua sorte, e ’l tuo peccato
giá prepara per te la mano ultrice,
dove meno la temi, e, quel ch’importa,
teco la fama tua fia spenta e morta. —