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canto settimo 117


3
     I magnanimi cor di sdegno ardenti
metton le lance a mezzo ’l corso in resta,
e vannosi a ferir, come due venti
o due folgori in mar quand’è tempesta.
Lampi e fiamme gittâr gli elmi lucenti;
mugghiò tremendo il campo e la foresta
a quel superbo incontro, e l’aste secche
volaro infrante in mille scheggie e stecche.
4
     Si fece il segno de la santa Croce
l’un campo e l’altro, e si fermò guardando
per meraviglia immoto, senza voce,
del periglio comun scordato; quando
l’uno e l’altro guerrier torse veloce
dispettoso la briglia, e tratto il brando,
fulminârsi a gli scudi ambi e a la testa
dritti e rovesci a furia di tempesta.
5
     Non stettero a parlar de’ casi loro,
come soleano far le genti antiche,
né se ’l lor padre fu spagnuolo o moro;
ma fecero trattar le man nemiche.
Le ricche sopraveste e i fregi d’oro,
i cimieri, gli scudi e le loriche
volan squarciati e triti in pezzi e ’n polve;
il vento gli disperge e gli dissolve.
6
     Tra mille colpi il conte di Miceno
colse in fronte il signor di Francolino,
che gli fece veder l’arco baleno,
la luna, il ciel stellato e ’l cristallino.
D’ira, di sdegno e di superbia pieno
sollevò Salinguerra il capo chino,
e a la vendetta giá movea repente,
quando rivolse gli occhi a la sua gente.