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canto sesto | 115 |
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E di vederne il fin giá risoluto,
scendea da l’alto, e raccendeva l’ire;
quando un gigante orribile e cornuto
gli apparve e l’atterrí con questo dire:
— Che pensi? ogni ardimento è qui perduto:
pensa di ritirarti o di morire.
Ecco ti svelo i lumi: or tu rimira
de la terra e del ciel lo sforzo e l’ira.
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Vedi lá guerreggiar l’empia Bellona,
tinta di sangue incontro a le tue schiere:
vedi il superbo figlio di Latona
quanti coll’arco suo ne fa cadere.
Marte, ch’in tuo favor pugna, abbandona
stanco e sudato omai le tue bandiere.
Tu a raccolta le chiama, e le conserva
da lo sdegno di Febo e di Minerva. —
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Qui tacque il fero mostro, e in un momento,
come sparisce il sogno a l’ammalato,
ritirò il piede, e si converse in vento,
e ’l Potta di stupor lasciò ingombrato.
Bacco era questi, a generar spavento
in quella forma orribile cangiato,
che combattuto avea col dio di Cinto,
e si partía de la battaglia vinto;
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e giva a ricercar nuovo partito,
perché non fosse il popol suo disfatto.
Rimase il Potta attonito e smarrito,
e si fe’ il segno de la croce a un tratto;
ch’un demonio il credé, fuor di Cocito
a spaventarlo in quella forma tratto.
Stette sospeso un poco, indi fe’ quanto
descritto fia da me ne l’altro canto.