Pagina:Tassoni, Alessandro – La secchia rapita, 1930 – BEIC 1935398.djvu/117


canto sesto 111


55
     — O fanciul troppo ardito e poco accorto,
soggiunge Jaconia, mira che questa
che ci costrigne a ritirarne in porto,
è piú ch’a te non par fiera tempesta.
Ma se l’affanno d’un destrier giá morto
e la vendetta sua quivi t’arresta,
prenditi in dono il mio. — Né piú s’estese;
ma gli porse la briglia, e giú discese.
56
     Quegli ’l ricusa; ed egli pur s’affretta
che ’l prenda, e mentre i prieghi orna e rinforza,
ecco torna Perinto a la vendetta,
e fere Jaconia di tutta forza.
Con quel furor che vien dal ciel saetta,
passa il brando crudel la ferrea scorza
del grave scudo e la corazza forte,
e lascia Jaconia ferito a morte.
57
     Cadde il misero in terra; e quasi a un punto
poco lungi da lui cadde Perinto,
cui, passato nel petto e nel cor punto,
restò il cavallo a quell’incontro estinto.
Al suo vantaggio allor non bada punto
Ernesto, e corre da la rabbia vinto
a mezza spada a disperata guerra,
poi che l’amico suo vede per terra.
58
     Ernesto di due colpi in su l’elmetto
con tanta forza il cavalier percosse,
che ribattendo su l’arcion col petto
sovra il morto destrier tutto piegosse.
Lo sguardo allor drizzando al giovinetto,
su le ginocchia Jaconia levosse,
e disse: — Ah non voler perir tu ancora,
lascia ch’io sol per la tua vita mora. —