Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
canto sesto | 107 |
39
Sospinse il rampognar di quell’altiero
ognuno incontro al re, cui sol restato
vivo de’ suoi nel gran periglio è il fiero
Leupoldo conte di Nebrona a lato:
morto da cento lance il buon destriero
sotto il re cadde; ed egli in piè balzato,
fulmina e uccide di due colpi orrendi
Petronio ed Andalò de’ Carisendi.
40
Berto Gallucci e ’l Gobbo de la Lira
gli sono sopra, e l’uno e l’altro il fiede;
ma il generoso cor non si ritira,
ben che sieno a cavallo, ed egli a piede.
Il conte che si volge e ’n terra il mira,
balza di sella, e ’l suo caval gli cede;
ed ei, perché rimonti il suo signore,
rimatisi a piedi, e ’n mezzo a l’armi muore.
41
Il re prende la briglia e salir tenta:
ma lo distorna il Gobbo e gliel contende.
Egli una punta al fianco gli appresenta,
e con la gobba al pian morto lo stende.
Tognon smonta fra tanto, e al re s’avventa
dietro le spalle, e ne le braccia il prende;
e Pasotto Fantucci e Francalosso
e Berto e Zagarin gli sono addosso.
42
Il re si scuote, e a un tempo il ferro caccia
nel ventre a Zagarin che gli è a rimpetto;
ma non può svilupparsi da le braccia
di Tognon, che gli cinge i fianchi e ’l petto:
ed ecco Periteo giugne e l’abbraccia
subito anch’egli, e ’l tien serrato e stretto;
ei l’uno e l’altro or tira, or alza, or spigne,
ma da’ legami lor non si discigne.