Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
canto sesto | 103 |
23
La fera bestia un dopo l’altro uccise
quattro tedeschi, ed era dietro al quinto:
ma il re la lancia in mezzo ’l cor gli mise,
e gliel fece cader giá mezzo estinto.
Ruppesi l’asta e ’l re non si conquise:
ma, tratta fuor la spada ond’era cinto,
divise d’un fendente il capo armato
a Giandon che giá in piedi era levato.
24
Bigon di Geremia, che di lontano
a la strage de’ suoi gli occhi rivolse,
per fianco addosso al re spronò; ma in vano,
ché il conte di Nabrona il colpo tolse.
Il conte cadde, a quell’incontro, al piano;
ma subito fu in piedi e si raccolse,
ché vide il suo signor mover d’un salto
contra Bigone e alzar la spada in alto.
25
Bigone attende il re ne l’armi stretto,
ma non gli giova alzar né oppor lo scudo,
ché ’l brando il fende e fa balzar l’elmetto
sciolto da’ lacci, impetuoso e crudo.
Raddoppia il colpo il valoroso, e netto
gli tronca da le spalle il capo ignudo:
esce lo spirto, e in caldo fiato unito
raggirandosi vola ov’è rapito.
26
Morto Bigone, il re tutta fracassa
la schiera sua, né qui l’impeto arresta;
urta per fianco impetuoso, e passa
tra la gente pedestre e la calpesta.
Ovunque il corso drizza, uomini lassa
uccisi a monti la crudel tempesta
del barbaro furor, che ’l re seconda,
e di fiumi di sangue i campi inonda.