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94 | la secchia rapita |
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Nomato era costui Filippo Ugone,
brescian di quei da la gorgiera doppia;
e di broccato indosso avea un robone,
che stridea come sgretolata stoppia.
Secondavano il carro e ’l gonfalone
quattrocento barbute a coppia a coppia,
co’ cavalli bardati in fino a terra,
ch’avea mandate Brescia a quella guerra.
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Seguiva il battaglion dopo costoro
de’ Petronici fanti e l’apparecchio.
Eran vintisei mila; e ’l duca loro,
il buon conte Romeo Pepoli vecchio,
avea l’armi d’argento a scacchi d’oro
fregiate, e Braccalon da Casalecchio
col braccio manco e con la spalla destra
gli portava lo scudo e la balestra.
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Finita di passar la fanteria
passarono i cavalli in tre squadroni,
guidati da Bigon di Geremia,
ch’era in Bologna, in quell’etá, de’ buoni;
e da due figli del Malvezzo Elia,
Perinto e Periteo, che fra i campioni
del petronico stuol piú illustri e chiari
risplendean gloriosi e senza pari.
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Usciti in armi a la campagna quanti
Petroni e romagnoli avea la terra,
marciâr le schiere; e sette miglia avanti
presero alloggio al solito di guerra.
Indi tosto ch’al re de’ lumi erranti
le finestre del ciel l’alba diserra,
al suon di mille trombe al mattutino,
fresco tornò l’esercito in cammino.