Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
— 401 — |
367.
6.
Aminta, poi ch’a Filli non dispiacque
Del medesmo desir mostrarsi accesa
E ch’ella a questo sol già tanto attesa
4Ne le sue braccia alfin nuda si giacque,
A lei, che piú ch’alcun’altra gli piacque,
Dal soverchio piacer sentendo offesa
L’alma felice in sí bel laccio presa,
8Cosí languendo disse, e poi si tacque: —
Cogliete, anima mia, quest’alma ch’io
Vi spiro in braccio. Ahi, che mi giunge al core,
11Al core, ahi lasso, un venen dolce e rio!
Io ’l sento, ohimè: da queste labbra amore
Per troncar la radice al viver mio
14In dolcissimi baci il manda fôre. —
368.
7.
Dolce Fillide mia, mentre il bel viso
Di fresche rose e di ligustri adorni
E col sereno tuo sembiante aggiorni
4Ovunque un sguardo giri od apri un riso,
Facciam, godendo, in terra un paradiso;
E viviam lieti i bei fioriti giorni
Pria che quel rio nemico empio ne scorni
8Ch’ogni gloria ed onor sovente ha ucciso.
Quei fior vermigli e quelle verdi erbette
Che in mezzo a i prati son dal verno spenti
11Fien via piú vaghi a primavera nova:
Ma, una sol volta che i suoi strali avventi
La morte in noi, mai piú non si rinnova
14La beltà e le virtú sparse e neglette.
Rime di T. Tasso, II. | 26 |