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160.


Parla del suo amore sotto metafora di fuoco e de la sua donna

sotto quella de l’aura.


Poi che non spira al mio soave foco,
     Amor, come solea, placida l’aura,
     Chi temprerà quest’amorosa fiamma?
     Qual troverò solinga e chiara fonte
     Cinta di lauri o quale ombroso rivo,
     6Mentre io mi sfaccio a sí lucenti raggi?
Ahi! soavi ben fûro e dolci i raggi
     Ch’acceser già ne l’alma il dolce foco,
     Struggendo il gelo interno il caldo rivo
     E movendo i sospiri a guisa d’aura,
     Mentre d’ogni pietà la viva fonte
     12Diè qualche refrigerio a tanta fiamma.
D’Etna somiglia pur l’accesa fiamma
     O di Fetonte travïato i raggi,
     Quando s’ascose ne l’occulto fonte
     Il Nilo per fuggir l’ardente foco,
     Né da l’Istro o dal Reno o vento od aura
     18Soffiar potea non che da secco rivo.

Rime di T. Tasso, II. 16