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64.
Si pente d’aver troppo magnificamente parlato de la sua sofferenza mentre è stato lontano da la sua donna, e prega Amore che, se nel tormento è merito, non cessi di tormentarlo.
Era aspro e duro (e sofferir sí lunge
Da que’ begli occhi e dal sereno ciglio
I’ mi die’ vanto) un grave e duro esiglio
4Scevro d’amor, che l’alme insieme aggiunge.
Or ch’ei mi sfida e qual piú a dentro punge
Saetta vibra, e quasi fero artiglio
Per farmi il fianco infermo e ’l sen vermiglio
8La mano adopra che risana ed unge,
Péntomi de’ miei detti e folle il vanto
E ’l mio fermo sperar torna fallace;
11Né superbo mi fa la penna o ’l canto.
Ardimi, signor mio, con viva face
E trafiggimi il cor senza mio pianto,
14Perché merto è il martire ov’ei si tace.