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52 atto terzo.

     Ma che fe’l miſerello allhor? che diſſe?
     Tir.125Nò'l sò, ch’io, pien di mal talento, corſi,
     Per arriuarla, e ritenerla, e’n vano,
     Ch’io la ſmarrij; e poi tornando doue
     Laſciai Aminta al fonte, no'l trouai:
     Ma preſago è il mio cor di qualche male.
     130Sò, ch’egli era diſpoſto di morire,
     Prima che ciò auueniſſe.
     Ch.     È uſo, & arte,
     Di ciaſcun, ch’ama minacciarſi morte;
     Ma rade volte poi ſegue l’effetto.

     Tir.Dio faccia, ch'ei non ſia tra queſti rari.
     Ch.135Non ſarà, nò.     Tir.     Io voglio irmene à l’antro
     Del ſaggio Elpino: iui, s’è viuo, forſe
     Sarà ridotto, oue ſouente ſuole
     Raddolcir gli amariſſimi martiri
     Al dolce ſuon de la ſampogna chiara,
     140Ch’ad udir trahe da gli alti monti i ſaſſi;
     E correr fà di puro latte i fiumi,
     E stillar mele da le dure ſcorze.


     Ma che fe’l miserello allor? che disse?
     Tir.125Nò'l so, ch’io, pien di mal talento, corsi,
     Per arrivarla, e ritenerla, e’nvano,
     Ch’io la smarrii; e poi tornando dove
     Lasciai Aminta al fonte, no'l trovai:
     Ma presago è il mio cor di qualche male.
     130So, ch’egli era disposto di morire,
     Prima che ciò avvenisse.
     Ch.     È uso, ed arte,
     Di ciascun, ch’ama minacciarsi morte;
     Ma rade volte poi segue l’effetto.

     Tir.Dio faccia, ch'ei non sia tra questi rari.
     Ch.135Non sarà, no.     Tir.     Io voglio irmene a l’antro
     Del saggio Elpino: ivi, s’è vivo, forse
     Sarà ridotto, ove sovente suole
     Raddolcir gli amarissimi martiri
     Al dolce suon de la sampogna chiara,
     140Ch’ad udir trae da gli alti monti i sassi;
     E correr fa di puro latte i fiumi,
     E stillar mele da le dure scorze.


SCENA SECONDA.

Aminta. Dafne. Nerina.

D
Ispietata pietate

     Fù la tua veramente, ò Dafne, allhora,
     Che riteneſti il dardo;
     Però che’l mio morire
     5Più amaro ſarà, quanto più tardo.


SCENA SECONDA.

Aminta. Dafne. Nerina.

D
Ispietata pietate

     Fu la tua veramente, o Dafne, allora,
     Che ritensti il dardo;
     Però che’l mio morire
     5Più amaro sarà, quanto più tardo.

Et