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scena seconda. | 25 |
Sparger d’argento, e d’or rugiade, e raggi;
E fecondando illuminar d’intorno
295Vidi Febo, e le Muſe; e frà le Muſe
Elpin ſeder accolto, & in quel punto
Sentij me far di me steſſo maggiore;
Pien di noua virtù; pieno di noua
Deitade, e cantai guerre, & heroi,
300Sdegnando paſtoral ruuido carme.
E, ſe ben poi (come altrui piacque) feci
Ritorno à queste ſelue, io pur ritenni
Parte di quello spirto; nè già ſuona
La mia ſampogna humil come ſoleua;
305Ma di voce più altera, e più ſonora,
Emula de le trombe, empie le ſelue.
Udimmi Mopſo poſcia; e con maligno
Guardo mirando affaſcinommi; ond’io
Roco diuenni, e poi gran tempo tacqui:
310Quando i Pastor credean, ch’io foſſi ſtato
Visto dal Lupo; e’l Lupo era coſtui.
Questo t’ho detto, acciò che ſappi, quanto
Il parlar di costui di fede è degno:
E dei bene sperar, ſol perche ei vuole,
315Che nulla speri. Am. Piacemi d’udire
Quanto mi narri. à te dunque rimetto
La cura di mia vita. Tir. Io n’haurò cura.
Tu frà mez’hora quì trouar ti laſſa.
Sparger d’argento, e d’or rugiade, e raggi;
E fecondando illuminar d’intorno
295Vidi Febo, e le Muse; e fra le Muse
Elpin seder accolto, ed in quel punto
Sentii me far di me stesso maggiore;
Pien di nova virtù; pieno di nova
Deitade, e cantai guerre, ed eroi,
300Sdegnando pastoral ruvido carme.
E, se ben poi (come altrui piacque) feci
Ritorno a queste selve, io pur ritenni
Parte di quello spirto; né già suona
La mia sampogna umil come soleva;
305Ma di voce più altera, e più sonora,
Emula de le trombe, empie le selve.
Udimmi Mopso poscia; e con maligno
Guardo mirando affascinommi; ond’io
Roco divenni, e poi gran tempo tacqui:
310Quando i Pastor credean, ch’io fossi stato
Visto dal Lupo; e’l Lupo era costui.
Questo t’ho detto, acciò che sappi, quanto
Il parlar di costui di fede è degno:
E dei bene sperar, sol perché ei vuole,
315Che nulla speri. Am. Piacemi d’udire
Quanto mi narri. A te dunque rimetto
La cura di mia vita. Tir. Io n’avrò cura.
Tu fra mezz’ora qui trovar ti lassa.
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