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24 atto primo.

     265Vanno treſcando, e, ſe un muto v’entraſſe
     Un muto ciancerebbe à ſuo dispetto.
     Ma queſto è’l minor mal, che ti poteſſe
     Incontrar: tu potreſti indi reſtarne
     Conuerſo in ſalce, in fera, in acqua, ò in foco;
     270Acqua di pianto, e foco di ſospiri.
     Coſi diß’egli: & io n’andai con queſto
     Fallace antiueder ne la Cittade;
     Et, come volſe il Ciel benigno, à caſo
     Paſſai per là dou’è’l felice albergo.
     275Quindi uſcian fuor voci canore, e dolci,
     E di Cigni, e di Ninfe, e di Sirene;
     Di Sirene celeſti, e n’uſcian ſuoni
     Soaui, e chiari; e tanto altro diletto,
     Ch’attonito godendo, & ammirando
     280Mi fermai buona pezza. Era ſu l’uſcio,
     Quaſi per guardia de le coſe belle,
     Huom d’aspetto magnanimo, e robuſto,
     Di cui, per quanto inteſi, in dubbio ſtaſſi,
     S’egli ſia miglior dvce, ò Caualiero;
     285Che con fonte benigna inſieme, e graue,
     Con regal corteſia, inuitò dentro,
     Ei grande, e’n pregio, me negletto, e baſſo.
     Ò che ſentij? che vidi allhora? I vidi
     Celeſti Dee, Ninfe leggiadre, e belle;
     290Noui lumi, & Orfei; & altre anchora
     Senza vel, ſenza nube, e quale, e quanta
     À gl’immortali appar vergine Aurora


     265Vanno trescando, e, se un muto v’entrasse
     Un muto ciancerebbe a suo dispetto.
     Ma questo è’l minor mal, che ti potesse
     Incontrar: tu potresti indi restarne
     Converso in selce, in fera, in acqua, o in foco;
     270Acqua di pianto, e foco di sospiri.
     Cosi diss’egli: ed io n’andai con questo
     Fallace antiveder ne la Cittade;
     E, come volse il Ciel benigno, a caso
     Passai per là dov’è’l felice albergo.
     275Quindi uscian fuor voci canore, e dolci,
     E di Cigni, e di Ninfe, e di Sirene;
     Di Sirene celesti, e n’uscian suoni
     Soavi, e chiari; e tanto altro diletto,
     Ch’attonito godendo, ed ammirando
     280Mi fermai buona pezza. Era su l’uscio,
     Quasi per guardia de le cose belle,
     Uom d’aspetto magnanimo, e robusto,
     Di cui, per quanto intesi, in dubbio stassi,
     S’egli sia miglior dvce, o Cavaliero;
     285Che con fonte benigna insieme, e grave,
     Con regal cortesia, invitò dentro,
     Ei grande, e’n pregio, me negletto, e basso.
     I che sentii? che vidi allora? I vidi
     Celesti Dee, Ninfe leggiadre, e belle;
     290Novi lumi, ed Orfei; ed altre ancora
     Senza vel, senza nube, e quale, e quanta
     A gl’immortali appar vergine Aurora

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