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scena seconda. 23

     E i cortigian maluagi molte volte
     prendonſi à gabbo, e fanno brutti ſcherni
     Di noi rustici incauti: Però, figlio,
     240Và ſu l’auuiſo, e non t’appreſſar troppo
     Oue ſian drappi colorati, e d’oro,
     E pennacchi, e diuiſe, e foggie noue:
     Ma ſopra tutto guarda, che mal fato,
     Ò giouenil vaghezza non ti meni
     245Al magazino de le ciancie, ah fuggi,
     Fuggi quell’incantato alloggiamento:
     Che luogo è queſto? io chieſi: & ei ſoggiunſe,
     Quiui habitan le maghe, che incantando
     Fan traueder, e traudir ciaſcuno.
     250Ciò che Diamante ſembra, & oro fino;
     È vetro, e rame: e quelle arche d’argento,
     Che stimereſti piene di theſoro;
     Sporte ſon piene di veſciche bugge;
     Quiui le mura ſon fatte con arte,
     255Che parlano, e rispondono à i parlanti;
     Nè già rispondon la parola mozza,
     Com’Echo ſuole ne le nostre ſelue,
     Ma la replican tutta intiera intiera;
     Con giunta anco di quel, ch’altri non diſſe.
     260I trespidi, le tauole, e le panche,
     Le ſcranne, le lettiere, le cortine,
     E gli arneſi di camera, e di ſala,
     Han tutti lingua, e voce; e gridan ſempre.
     Quiui le ciancie in forma di bambine


     E i cortigian malvagi molte volte
     prendonsi a gabbo, e fanno brutti scherni
     Di noi rustici incauti: però, figlio,
     240Va su l’avviso, e non t’appressar troppo
     Ove sian drappi colorati, e d’oro,
     E pennacchi, e divise, e foggie nove:
     Ma sopra tutto guarda, che mal fato,
     O giovenil vaghezza non ti meni
     245Al magazzino de le ciancie, ah fuggi,
     Fuggi quell’incantato alloggiamento:
     Che luogo è questo? Io chiesi: ed ei soggiunse,
     Quivi abitan le maghe, che incantando
     Fan traveder, e traudir ciascuno.
     250Ciò che diamante sembra, ed oro fino;
     È vetro, e rame: e quelle arche d’argento,
     Che stimeresti piene di tesoro;
     Sporte son piene di vesciche bugge;
     Quivi le mura son fatte con arte,
     255Che parlano, e rispondono a i parlanti;
     Né già rispondon la parola mozza,
     Com’Echo suole ne le nostre selve,
     Ma la replican tutta intiera intiera;
     Con giunta anco di quel, ch’altri non disse.
     260I trespidi, le tavole, e le panche,
     Le scranne, le lettiere, le cortine,
     E gli arnesi di camera, e di sala,
     Han tutti lingua, e voce; e gridan sempre.
     Quivi le ciancie in forma di bambine

Vanno