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20 | atto primo. |
Più cupa, e più mortale
La mia piaga verace,
155Quando le labra ſue
Giunſe à le labra mie.
Nè l’api d’alcun fiore
Coglion sì dolce il mel, ch’allhora io colſi
Da quelle freſche roſe,
160Se ben gli ardenti baci,
Che spingeua il deſire à inhumidirſi,
Raffrenò la temenza,
E la vergogna, ò felli
Più lenti, e meno audaci:
165Ma, mentre al cor ſcendeua
Quella dolcezza miſta
D’un ſecreto veleno,
Tal diletto n’hauea,
Che, fingendo, ch’ancor non mi paſſaſſe
170Il dolor di quel morſo,
Fei sì, ch’ella più volte
Vi replicò l’incanto.
Da indi in quà andò in guiſa creſcendo
Il deſire, e l’affanno impatiente,
175Che, non potendo più capir nel petto,
Fù forza, che ſcoppiaſſe; & una volta,
Che in cerchio ſedeuam Ninfe, e Pastori
E faceuamo alcuni nostri giuochi,
Che ciaſcun ne l’orecchio del vicino
180Mormorando diceua un ſuo ſecreto,
Più cupa, e più mortale
La mia piaga verace,
155Quando le labra sue
Giunse a le labra mie.
Nè l’api d’alcun fiore
Coglion sì dolce il mel, ch’allora io colsi
Da quelle fresche rose,
160Se ben gli ardenti baci,
Che spingeva il desire a inumidirsi,
Raffrenò la temenza,
E la vergogna, o felli
Più lenti, e meno audaci:
165Ma, mentre al cor scendeva
Quella dolcezza mista
D’un secreto veleno,
Tal diletto n’avea,
Che, fingendo, ch’ancor non mi passasse
170Il dolor di quel morso,
Fei sì, ch’ella più volte
Vi replicò l’incanto.
Da indi in qua andò in guisa crescendo
Il desire, e l’affanno impaziente,
175Che, non potendo più capir nel petto,
Fu forza, che scoppiasse; ed una volta,
Che in cerchio sedevam Ninfe, e Pastori
E facevamo alcuni nostri giuochi,
Che ciascun ne l’orecchio del vicino
180Mormorando diceva un suo secreto,
Siluia,