Pagina:Tasso, Torquato - Il Re Torrismondo, Pisa, 1821.djvu/154

150 TRAGEDIA NON FINITA
Sembra: se ode lodar la bella sposa,

Ne gode sì, come se sua foss’ella,
Come s’a lui quella beltà dovesse
Recar gioja, e diletto, e spesso chiede....
Galealto Di lei chiede, e di me: nulla di nuovo
Narrar mi puoi, ch’il mio pensier previsto
Non l’abbia: e te, che del cammin sei lasso,
Non vo’ che stanchi il ragionar più lungo.
Or per risposta sol questo ti basti,
Ch’il Re Torindo qui così raccolto
Sarà, com’egli vuol; ch’è qui Signore.
Or va, prendi riposo: e tu ’l conduci
All’ospitali stanze; e sia tua cura
Ch’abbia quegli agi, e quegli onor riceva,
Che merta il suo valore, e che richiede
La dignità di lui, ch’a noi lo manda.


SCENA QUARTA

GALEALTO


Pur tacque allin, e pur alfin dagli occhi

Mi si tolse costui; le cui parole
M’erano al core avvelenati strali
O maculata conscienza, or come
Ti trafigge ogni detto! oimè! che fia,
Quando poi di Torindo oda le voci?
Non al capo di Sisifo sovrasta
Così terribil la pendente pietra,
Com’a me ’l suo venire. Ahi, Galealto,
Come potrai tu udirlo? o con qual fronte
Sostener sua presenza? o con quali occhi
Drizzar in lui lo sguardo? o Cielo, o Sole,
Che non t’involvi in sempiterna notte,
Perchè visto io non sia, perch’io non veggia?
Misero! allor ciò desiar dovea,
Per non veder, quando affissar osai
Nel bel volto d’Alvida i lumi audaci
E baldanzosi: allor trasser diletto,
Onde non conveniasi; è ben ragione,
Ch’or siano aperti alla vergogna loro,
E di là traggan noja, onde conviensi.
Ma l’ora inevitabile s’appressa,