Pagina:Tasso, Torquato - Il Re Torrismondo, Pisa, 1821.djvu/137

Non pur fissato in me soave sguardo.

Madre, io pur tel dirò; benchè vergogna
Affreni la mia lingua, e risospinga
Le mie parole indietro: io pur sovente
Tutta in atto amoroso a lui mi mostro,
E li prendo la destra, e m’avvicino
Al caro fianco: egli s’arretra, e trema,
E di pallor sì fatto il volto tinge,
Che mi turba, e sgomenta: e certo sembra
Pallidezza di morte, e non d’amore:
E china gli occhi a terra, o pur turbata
Volge la faccia altrove: e se mi parla,
Parla in voce tremante, e con sospiri
Le parole interrompe.
Nutrice  O figlia, segni
Narri tu di fervente intenso amore.
Tremar, impallidir, timidi sguardi,
Timide voci, e sospirar parlando,
Effetti son d’affettuoso amore;
Che per soverchio amor teme, ed onora:
E sor non vien a te con quell’ardire,
Che mostrò già nelle deserte arene,
Sai, che la solitudine, e la notte
Sproni son dell’audacia, e dell’amore,
Ma la luce del giorno, e la frequenza
Delle case reali apporta seco
Rispettosa vergogna: e s’egli fue o
Già ne’ luoghi solinghi audace amante,
Accusar non si dee, s’or si dimostra,
Ch’è nella reggia sua, modesto sposo.
Alvida Piaccia a Dio che t’apponghi. lo pur frattanto,
Poich’altro non mi lice, almen conforto
Prendo dal rimirarlo: e sono uscita,
Perchè so, che sovente ha per costume
Venir tra queste spaziose logge
A goder del mattin il fresco, e l’óra.
nutrice Figlia, e Signora mia, più si conviene
Al decoro regale, ed a quel nome,
Che di vergine ancor sostieni, e porti,
Alle tue regie stanze ora ritrarti:
E quindi ( se pur vuoi ) chiusa, e celata
Dal balcon rimirarlo.