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ATTO QUINTO 117

Ella rispose con languida voce:
Dunque viver dovea d’altrui, che vostra,
E da voi rifiutata?
E potea col vostr odio, o col disprezzo,
Se dell’amor vivea?
Assai men grave è il rifiutar la vita,
E nen grave il morire.
Già fuggir non poteva in altra guisa
Tanto dolore…
Ei ripigliò que’ suoi dogliosi accenti:
Tanto dolore io sosterrò vivendo?
O ’n altra guisa io morrei dunque, Alvida,
Se voi moriste? ahi nol consenta il Cielo!
Io vi potrei lasciare, Alvida, in morte?
Colle ferite vostre il cor nel petto
Voi mi pussaste, Alvida,
E questo vostro sangue è sangue mio,
O Alvida sorella,
Così voglio chiamarvi; e ’l ver le disse,
E ’l confermò giurando, e lagrimando.
L’inganno, e ’l fallo dell’ardita destra
Ella parte credeva; e già pentita
Parea d’abbhandonar la chiara luce
Nel fior degli anni, e rispondea gemendo:
In quel modo, che lece, io sarò vostra,
Quanto meco potrà durar quest’alma,
E poi vostra morrommi.
Spiacemi sol, che ’l morir mio vi turbi,
E v’apporti cagion d’amara vita.
Egli pur lagrimando a lei soggiunse:
Come fratello omai, non come amante,
Preudo gli ultimi baci. Al vostro sposo
Gli altri pregata di serbar vi piaccia,