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ATTO QUINTO | 115 |
Che l’altre cose poi saprebbe a tempo.
Ma del suo padre l’improvvisa morte,
Per occulta cagion tenuta ascosa,
Accrebbe in lei sospetto, e duolo, e sdegno,
Ch’in furor si converse, e ’n nuova rabbia,
Pur come fosse già schernità amante
Data in preda al nemico; onde s’ancise,
Passando di sua man col ferro acuto
Il suo tenero petto.
CORO
Ahi troppo frettolosa! ahi cruda morte,
Estremo d’ogni male!
CAMERIERO
Il male integro
Non sapete anco. Il Re sè stesso offese
Nel modo istesso; è giace appresso estinto.
CORO
Ahi, ahi, crudel morte, e crudel fato!
Qual altro più gravoso oltraggio, o danno
Può farci la Fortuna, o ’l Fato avverso?
CAMERIERO
Non so. Ma l’un dolore aggiunge all’altro,
L’una, all’altra ruina. E ’n forte punto
Oggi è la stirpe sua retisa, e tronca.
CORO
Misera, ed orba madre, ove s’appoggia
La cadente vecchiezza! e chi sostienla?
CAMERIERO
L’infelice non sa d’aver trovato
Oggi una figlia, e duo perduti insieme;
E forse lieta ogni passato affanno
In tutto obblia, non sol consola, e molce,
E di gioja e piacer ha colmo il petto.