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per questa manna. Ogni goccia vale una stilla di sangue e chi si mette in corpo di questo vino può ridere in faccia all'universo intero.

Egli colmò fino all'orlo i tre bicchieri e al lungò la mano per togliere dal piatto le ca stagne.

Balbina bevve due o tre sorsi, poi gettò in dietro il busto nauseata.

— Non posso bere; è inutile, non posso bere. Il padre la guardò inebetito. Da quando in qua non poteva bere Balbina, che gli teneva sempre testa fieramente e che durante la svinatura dell'anno innanzi aveva minacciato, per chiasso, di asciu garsi tutte le botti? Che cosa andava dunque succedendo in casa sua perchè quella diavolona della ragazza gli diventasse smorfiosa e delicata più di una pupattola di carta pesta? Balbina magnetizzava intanto la madre con oc chio cosi imperioso che Clelia, masticando una castagna, disse con riso goffo: — La nostra ragazza, va compatita, Giovanni. Una donna può essere robusta come un elefante, ma quando non può bere, non può bere. Le orecchie di Giovanni cominciavano a im porporarsi, indizio certo di grande collera che si addensava. — Che diavolo mi vai raccontando, idiota — gridò alla moglie. — Elefante o rinoceronte, se la ragazza sta male c'è tanto di dottore pagato dal comune. Balbina rimaneva apparentemente estranea al diverbio, ma l'occhio di lei si fissava pertinace nell'incerto occhio materno. — Dici bene; c'è il dottore — Clelia balbet tava, indietreggiando spaurita. — Eppure il Co-