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allontanò col gomito la persona di lui, e si mise a correre verso la casa bianca.
Germano fu invaso, per un momento, dal brutale, selvaggio bisogno di predare quella giovanetta che si metteva in salvo; d’inseguirla, raggiungerla, afferrarla, sollevarla di peso, simile a trofeo guerresco, e farla sua, nella voluttà superba della conquista, sul grande talamo bianco apprestato dalla notte pronuba e consapevole; ma quella fanciulla che fuggiva pari a cerbiatta spaventata, era Flora, era la regina di tutt’i suoi pensieri, la fata di tutt’i suoi sogni; era la fiaccola del suo spirito e il terso cristallo dove si riflettevano le sue speranze, onde Germano immerse prima le mani nella neve, poscia rovesciò il capo all’indietro per respirare più liberamente e più a lungo l’aria refrigerante della campagna nevosa.