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lini e le gengive accese. — Quando il giardiniere di Rosemberg passa davanti a casa nostra, io gli offro sempre un bicchier di vino. Il giardiniere, in compenso, mi porta spesso dei fiori. Vedi? Queste due camelie rosse vengono dalle serre di Germano; è come se me le avesse date lui. Le vuoi? — e lo scherno le brillava negli occhi sporgenti.
Flora, con rapido gesto irriflessivo, strappò le camelie dal petto di Balbina e le strinse irosa nelle piccole mani; poscia, dopo averne rotto il gambo e sgualciti i petali, le porse all’altra, dicendo:
— Riprendile adesso!
Balbina arrossì e impallidì, il viso le assunse una espressione di cattiveria concentrata, e, calpestate col piede le due camelie che Flora aveva lasciato cadere in terra, disse a bassa voce, mordendosi il labbro superiore.
— Mi ricorderò di tutto, non dubitare. Ricordati di tutto anche tu e saprai dirmi, un giorno o l’altro, se io pago bene i miei debiti — e, cambiando tono, soggiunse allegra:
— Del resto, con o senza Germano Rosemberg, i ballerini non mi mancheranno.
Era vero. Le quattro feste che, durante il carnevale, un impresario da strapazzo organizzava nel salone del Comune di Novillara, rappresentavano per Balbina quattro successi, diremo così, mondani. I bellimbusti del contado circostante facevano a gara per tenersi nelle braccia quella ragazzona bianca e tonda, che ballava dimenandosi tutta sui fianchi superbamente arcati.
— Dunque vogliamo andare? — chiese Giovanni, non trovando più epiteti ingiuriosi da opporre agli epiteti del dottore.