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La tramontana soffiava tagliente, spazzando le strade e rendendo tersissima l'aria. La gente pas sava affaccendata; gli uomini, col bavero del soprabito rialzato a difender le orecchie; le donne strette nei mantelli o nelle pellicce. Tutti erano allegri, tutti si scambiavano auguri giocondamente; grandi panieri carichi di vettovaglie venivano tra sportati a destinazione da carrozzoni, aventi sui fianchi dipinti a vivaci colori il nome e l'indi rizzo della ditta fornitrice.
Flora vagabondava senza scopo, senza pensare a difendersi dagli urtoni dei passanti frettolosi, che uscivano dai negozi o vi entravano, con le mani sprofondate nelle tasche dei soprabiti. Molti si volgevano a guardarla, tanto ella era leggiadra con l'esile persona chiusa nell'ampia giacca a ri svolti di astrakan, coi gomiti stretti alla vita, le mani immerse nel manicotto, e le gote di un rosa acceso per le sferzate della tramontana.
In via Nazionale un cherubino di bimba pian geva disperatamente, tirata per mano da una ro tonda governante in cuffia.
La bimba stringeva sul petto con desolazione una bambola vestita da ciociara; la bambola aveva il cranio spaccato in due e la bimba, colpevole dell'eccidio, alzava al cielo le alte strida, che si facevano più acute alle rimostranze rivoltele in tedesco dall'indignata fraulein.
Quella tragedia puerile interessò Flora viva mente, ed ella seguì con occhio pietoso la bimba, finché questa disparve entro un portone signorile, facendo echeggiare l'aria di pianti sempre più ap passionati.
Flora sospirò a lungo e, fermatasi davanti a una vetrina di ninnoli, tentò figurarsi la scena che,