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lontanavano, e sullo sfondo di essi la figura di Germano Rosemberg appariva gigante in bagliori di apoteosi.

Il suicidio del padre, allontanandola un mo mento dal mondo delle chimere, le aveva fatto provare il bisogno di aggrapparsi ad affetti concreti, sinceramente sentiti, sinceramente manifestati; onde la corrispondenza epistolare con sua madre le riposava il pensiero e le trasfondeva il senso di benessere che si prova appoggiando il piede sopra la terra solida, dopo essere rimasti a lungo sulla tolda di un bastimento sballottato dai flutti.

Adriana intanto coglieva il destro per chiedere accortamente alla figliuola se l’argenteria di fa miglia ci fosse ancora e se il grosso brillante, che i Vianello da molte generazioni si erano tra mandato di padre in figlio, fosse custodito ancora gelosamente dal conte Innocenzo.

Anzi, a proposito del magnifico gioiello, Adriana aveva ornato di patetiche parole il desiderio di conservarlo presso di sè, quale emblema del suo crudele dolore per la fine tragica del marito; ma Flora, che, pur di soddisfare a un desiderio di sua madre, si sarebbe gettata nel fuoco, aveva frugato, aveva indagato ed era venuta a sapere che P argenteria di famiglia, i pizzi di Fiandra, il grosso brillante, tutto era stato sacrificato per dilazionare la vendita all’asta della casa bianca, coperta d’ipoteche.

Quando Adriana allora, in una lettera breve ed irosa, si era scagliata contro il vecchio imbe cille, che divorava abusivamente le ultime briciole del patrimonio per tenere lontani i creditori da quella sconquassata bicocca del malaugurio,